Il 20 settembre 2010, presso la Chiesa di Ognissanti di Firenze, si è fatto memoria del 140°anniversario dell'aggressione sabauda - ingiustificabile dal punto di vista del Diritto internazionale -, attraverso la breccia di Porta Pia, allo Stato della Chiesa, al fine di conquistare non solo un territorio da annettere al nascente Regno unitario, ma molto di più per spodestare l'autorità magisteriale-spirituale del Papa, il beato Pio IX. Così si voleva costringere la Chiesa, come voleva Cavour, ad essere libera ma inglobata in uno "Stato libero" (liberista e massonico-anticleriacale). Con questa celebrazione controcorrente, non si è voluto mettere in discussione l'unità d'Italia e Roma capitale d'Italia, ma evidenziare le cause per le quali ancora soffre la nostra amata Nazione, una tra tutte il nascere di una "Questione meridionale", degenerata poi in comportamenti malavitosi a tutti noti. Far finta che quell'unione così come è stata progettata ed eseguita è del tutto innocente o addirittura provvidenziale, è vuota retorica e remissiva storiografia. Lo storico Cardini non ha esitato, invece, a definirla “infame e sacrilega aggressione”, ai danni di uno Stato libero che non aveva dichiarato guerra a nessuno ma che si è visto invadere per la pura bramosia di alcuni, che progetteranno addirittura di uccidere il Pontefice, simbolo dell'oscurantismo, dell'infelicità della nostra Italia. Eppure all'ingresso degli invasori i romani non si mossero, non offrirono alcun aiuto agli sgradevoli aggressori. La Chiesa, umiliata, non è stata però assorbita o sconfitta dal potere demagogico e poiché ha avuto questa assicurazione dal suo Signore: non praevalebunt, rimane ancora segno di contraddizione, madre di civiltà e di vera libertà per i Popoli. Solo se il Papa è ancora libero di parlare e di regnare felicemente, il bene e la verità avranno ancora diritto di cittadinanza nel nostro mondo dominato dal potere del relativismo, dell'indifferentismo e del liberismo suicida.
Ascolta la registrazione audio. Intervengono: Pucci Cipriani (giornalista), Domenico del Nero (storico) e Massimo Viglione (storico).