Anno VII 2-2012
SOMMARIO
Editoriale
Padre Serafino M. Lanzetta, Ragione
Fede dubbio 5-25
Da un po’ in qua questo
trittico diventa sempre più insistentemente assonanza di prospettive, di
inseparabili mondi con cui confrontarsi quando ci si rivolge alla fede, che
implicherebbe la ragione ma che si confronta con i dubbi; di dubbi che negano
la fede e mettono in scacco la ragione; una ragione che cerca di favorire la fede
in un Dio comprensibile, ma che a causa del dubbio metodico deve sospettare
dello stesso principio del ragionamento e quindi della fede. La causa di questo
lento ma progressivo smarrimento è l’oblio del pensiero (forte) di Dio. Qualche
rimedio per guarire dalla minaccia del nichilismo e del dubbio perpetuo. Nell'uomo non ci sono due anime, il credente e il dubbioso. C'è piuttosto il peccato originale che segna la precarietà dell'intelligenza e non della fede.
Historica
Padre Paolo M. Siano, Alcune note sul “Magistero” episcopale del Servo di Dio Mons. Antonio (“Don
Tonino”) Bello (1935-1993). Un contributo critico 27-94
L’A.
del presente saggio esterna la sua meraviglia per la causa di beatificazione di
Mons. Antonio Bello, avviata pochi anni fa. L’atteggiamento dell’Autore risulta
sempre più comprensibile e condivisibile alla luce di vari scritti di Mons.
Bello. Fino all’ultima sua conferenza tenuta ad Assisi nell’agosto 1992, il
presule pugliese ha manifestato idee molto discutibili. In sintesi ecco i punti
non-condivisibili del pensiero di
Mons. Bello: iper-conciliarismo, progressismo e antropologismo teologico,
linguaggio secolarista, filo-socialismo, pacifismo assoluto, disistima verso il
Sacro e verso i Dogmi, mariologia terra-terra, sensualità, femminismo. L’Autore
auspica che un tale Pastore non venga presentato come modello per coloro che
devono essere anzitutto maestri e custodi della Fede Cattolica.
Theologica
Mons. Antonio Livi, Vera e falsa
Teologia. L’esigenza del rigore epistemologico 95-107
L’A.
presenta la sua ultima opera, in cui studia come si possa verificare se un
discorso su Dio e sulla religione rispetti lo statuto epistemologico di
un’autentica “scienza della fede”. Così desidera chiarire la distinzione tra
teologia ecclesiale o in senso proprio e una serie di discorsi teologici.
Distingue poi tra dogma, che è ciò che si crede con fede divina e cattolica, e sua
interpretazione, che spetta propriamente alla teologia, la quale non può
prescindere dal “nucleo di verità certa”. La teologia è un’ipotesi di
interpretazione del dogma. Qualora si distaccasse dal nucleo veritativo
rivelato scadrebbe in una mera filosofia religiosa. Perciò è “vera” solo la
teologia ecclesiale che si pone al servizio della fede e del popolo di Dio,
presupponendola, “falsa” quella che la ignora o la supera.
Padre Giovanni Cavalcoli, Lo
gnosticismo moderno, riprendendo un libro di Mons. Antonio Livi. Ritratto dello
gnostico cattolico 109-140
Dopo
aver tratteggiato l’immagine dello gnostico in generale, l’A. esamina il
pensiero del p. Giuseppe Barzaghi, O.P., il quale vuole costruire un tomismo, a
suo dire, più autentico alla luce del pensiero di E. Severino, mettendo insieme univocismo e analogia. Per Severino
il divenire è l’apparire dell’Essere ovvero di Dio, immanente al divenire.
Seguendo Bontadini, Barzaghi sostiene che non si dà essere che non sia pensato,
perché nel momento in cui lo si pensa diventa pensato. Per Barzaghi si ha
un’intuizione di Dio e si confonde l’essere intuito con l’Ipsum Esse, letto alla luce dell’«unità dell’esperienza» di
Bontadini. Dio e l’uomo sono uno perché «nulla si può aggiungere a Dio». Il
mondo non esiste realmente distinto da Dio e fuori di Dio. Dio è solo «accanto
alla sofferenza» perché il male e la sofferenza sono in Dio.
Giuseppe Pinardi, L’esegesi del
concetto di àgapē in san Paolo. Riflessioni critiche e storia della Teologia (seconda parte) 141-173
Questa
seconda parte dell’articolo sull’agápē vuole ripercorrere la storia della nozione
teologica di agápē o carità, intesa come
effetto della Grazia santificante, ricostruendo l’affascinante dibattito
teologico. Ci si sofferma, sulla base di precise attestazioni papirologiche e
lessicali, sulla ricorrenza di tale vocabolo nell’ambito giudaico, nella LXX,
nell’A. T. e soprattutto nell’ambito neotestamentario e nella fattispecie
paolino. Tra le tante definizioni di questa virtù, in ambito cattolico, si
impone su tutte quella di S. Tommaso, che
la chiama forma omnium virtutum. Per
una corretta comprensione della nozione di agápē è di estrema importanza
definirne con esattezza l’oggetto: Dio per sé e il prossimo in ragione di Dio,
secondo l’insegnamento tramandatoci unanimemente dai Padri.
Commentaria
Padre Serafino M. Lanzetta, Vera e falsa Teologia. Un contributo filosofico propedeutico per la scienza della Fede 175-184
L’A. fa una dettagliata recensione
dell’ultima opera di Mons. Antonio Livi, Vera
e falsa teologia, in cui si offrono i criteri epistemologici per
riconoscere un vero discorso sulla fede, quale opinione che principia dal
nucleo veritativo-dogmatico indiscusso, da un mero discorso filosofico, il
quale mettendo in discussione la fede rivelata, pretende di costruire un
sistema concorrente con la Parola di Dio. Tante teologie odierne non sono altro
che discorsi filosofici, razionalistici, sulla fede, i quali pretendono di
possedere il criterio ultimo di verità per giudicare finanche il Magistero.
Fabrizio Cannone, Cinque anni fa il
Motu Proprio Summorum Pontificum. Il
punto di vista di Concilium 185-220
Per la rivista Concilium, organo di diffusione e di interpretazione del “vero”
Concilio Vaticano II, il Motu proprio Summorum
Pontificum di Benedetto XVI, che liberalizza la S. Messa in rito antico,
sarebbe un grande errore pastorale e nasconderebbe una carenza dogmatica. È
vero questo giudizio? Quali sono i presupposti logici di queste affermazioni?
Una carrellata per capire la visione (unilaterale) di Concilium. E per plaudire a Benedetto XVI.
Recensiones 221-231