Proponiamo ai nostri lettori l'ascolto di due omelie di p. Serafino M. Lanzetta, nelle ultime due domeniche del T. O.
Il racconto evangelico dell’amministratore disonesto (Lc 16,1-13) talvolta ci sorprende: forse il Signore sta esaltando la disonestà di quest’uomo che si preoccupa di trovare una sistemazione dopo che è stato scoperto nei suoi traffici illeciti? No, assolutamente. Il Signore loda non la sua disonestà ma la sua scaltrezza. Infatti, i figli di questo mondo sono più scaltri dei figli della luce. Il Signore invita ciascuno di noi non a demonizzare la ricchezza ma a utilizzarla per un fine buono, a condividerla con chi ha meno e così a trasformarla da disonesta, quale essa normalmente diventa, a causa dei nostri egoismi, in carità che ci fa acquistare amici nelle dimore eterne. Coloro che avremo aiutati diventeranno nostri amici al cospetto di Dio e pregheranno per noi. La ricchezza non è dannata, così come la povertà che salva non è quella “reale” della teologia della liberazione, ma quella spirituale. Beati coloro che amano Dio e per suo amore soccorrono i poveri e così trasformano la “ricchezza disonesta” in un bene per tutti.
La seconda sulla parabola del ricco Epulone e del povero Lazzaro:
La parabola del ricco Epulone e del povero Lazzaro (cf. Lc 16,19-31) ci interroga sul vero significato della realtà dell’eterna perdizione e, per contro, della salvezza eterna in Paradiso. Perché Epulone è all’inferno? Solo perché vestiva di bisso e banchettava lautamente? No, ma perché aveva fatto di quelle cose il suo dio. Adorava il suo ventre e la materia ormai era il suo dio. Perché Lazzaro invece è nel seno di Abramo? Solo perché era povero? No, ma perché, nonostante la sua povertà, non aveva chiuso il suo cuore a Dio. Viveva di fede e chiedeva a Dio, nella speranza di ogni giorno, il pane quotidiano. Viveva del pane di Dio, della fede, e così, nonostante le sue piaghe e la sua miseria, non gli mancavano il coraggio e la speranza. Sapeva che Dio premia i buoni e punisce i cattivi.
La ricchezza non è necessariamente un male così come la povertà non è necessariamente un bene e perciò salvifica. Il ricco Epulone, ogni uomo che vive di sé e del suo ventre, ci ricorda il vero valore della libertà: è vera la libertà solo se è responsabile ed è responsabile solo se dice a Dio, definitivamente, sì o no. La libertà non è incertezza o arbitrio.