Un amore lungo mezzo secolo...Sulla verità del matrimonio e della famiglia


di P. Serafino M. Lanzetta


Cari amici, condivido con voi l'omelia della S. Messa che ho tenuto ieri, 1° settembre 2025, in occasione del cinquantesimo anniversario di matrimonio dei miei genitori, Giovanna e Francesco Lanzetta. Pregate per loro.


Il matrimonio da cui scaturisce il tesoro prezioso della famiglia è un mistero che va capito in profondità e custodito nella sua verità. Mentre oggi rendiamo grazie al Padre nel Figlio con lo Spirito Santo e con la sua Sposa, la Vergine Maria, e con tutta la Chiesa, per i cinquant’anni di matrimonio di Mamma e Papà, vogliamo anche cogliere quest’occasione preziosa per meditare insieme sul matrimonio e sulla famiglia. Iniziamo col riflettere sul matrimonio così come viene visto nella nostra società. Un primo atteggiamento, molto diffuso nei suoi confronti, è di diffidenza. In una cultura come la nostra dove tutto è provvisorio, anche il matrimonio, se viene celebrato, dopo indugi e lungaggini eccessive, è comunque inteso come un contratto a tempo, con possibili scadenze. Essere sposati per tutta la vita, “finché morte non ci separi”, è ormai inconcepibile, faticoso, semplicemente noioso. 


Il nostro modo di vivere è influenzato dalla cultura dei social media, cioè dell’immagine di tanti “sé” condivisa con un pubblico virtuale, avido spesso di intrufolarsi nella nostra privacy e noi di raccontare qualcosa di insolito, che faccia notizia e aumenti i nostri followers. Ciò che non riveleremmo mai faccia a faccia o in pubblico lo raccontiamo invece con molta scioltezza in modo virtuale, nascondendoci dietro lo schermo del nostro cellulare. Quanti matrimoni (e quante vocazioni religiose e sacerdotali) distrutti da un telefonino, da Whatsapp o da Facebook! Il rischio è che la realtà sia sostituita dall’apparenza e che quindi l’apparenza diventi realtà. Abbiamo paura di fare i conti con la realtà, con le sfide, spesso con il dolore che può accompagnare un matrimonio. Così preferiamo rifugiarci nella cultura del provvisorio e dell’apparenza. 

C’è di più, la cultura digitale così carica di promesse e indubitabilmente di benefici comunicativi, ci abitua al fatto che tutto ormai è a portata di click. Tutte le informazioni le troviamo on-line. L’intelligenza artificiale ci promette di risolvere tutti i nostri problemi; basta porre la domanda giusta e tutto ci viene spiegato nel giro di pochi secondi. Il messaggio che ormai si diffonde è questo: la vita si è semplificata. La fatica del pensiero e delle scelte è ridotta. Il mistero della vita è ormai svelato e a portata di click, appunto. Sembra quindi che il mistero si dilegui. La fede risulta irrilevante. La tecnica ci spiega tutto. Questa intelligenza artificiale però è osannata da un lato e temuta dall’altro. Essa, che funziona solo con un algoritmo predefinito, assegnato dall’intelligenza umana alla macchina, si rivela una sorta di divinità greca, pronta a scagliarsi contro l’uomo se non adorata a sufficienza. Un nuovo Prometeo ci promette progresso e civiltà. E tutti lì, con devoto entusiasmo, a consultare con venerazione chatgpt. “E se arrivasse un giorno in cui l’uomo sarà sostituito dalla macchina”, ci chiediamo? Questo, quantunque impossibile, perché se morisse l’uomo finirebbe anche la programmazione, fa crescere la provvisorietà della nostra vita con delle scelte sempre più frenetiche. 

Cambiamo, ci adattiamo agli algoritmi più in voga, e perciò non sopportiamo più il fardello di una scelta che ci leghi per sempre. Il matrimonio è ormai per i tempi che furono. Cari fratelli, dobbiamo urgentemente reagire a questa cultura del provvisorio. La tecnica, quantunque importante, non è una divinità. È utile, ma non può sostituirsi alla vita e non deve influenzare il nostro modo di vivere. Non regalate il telefonino ai vostri figli, ma un bel libro, e non lasciateli intrattenere da YouTube, ormai babysitter che influenza la vita nel suo più puro germogliare. Dobbiamo ritornare alla realtà, alla vita così com’è con le sue gioie e i suoi dolori. 

Dobbiamo ritornare a Dio, al Creatore dell’uomo e della donna, il quale, creando l’uomo maschio e femmina, li ha fatti l’uno per l’altro e ha voluto che fossero uno, una sola carne, una comunione indissolubile di vita. Il matrimonio non è un contratto sociale e non dipende dall’arbitrio umano. L’autore del matrimonio è Dio, non l’uomo. Il matrimonio perciò non solo non può essere un contratto a tempo, ma non è neppure una mera istituzione civile. Esso è un mistero. Un mistero da non rifiutare facilmente dicendo: “Non credo in Dio, non vado in Chiesa e perciò non mi sposo”. È un mistero che si inserisce nella nostra vita, come la vita stessa che non si sceglie ma e lei a sceglierci. Che tu creda o no, il matrimonio, come la vita stessa, è il fondamento necessario e stabile della vita dell’uomo, della società e della Chiesa. 

Rinunciare al matrimonio uno e indivisibile per motivi egoistici è in qualche modo rinunciare ad essere uomini. Il matrimonio quindi è obbedienza a Dio, alla verità e questa obbedienza è salvezza, è futuro: è vita. Dal provvisorio come filosofia dell’incertezza e del dubbio, dobbiamo passare a ciò che è stabile, quale filosofia dell’essere uomini, cioè a ciò che ha radici, quale obbedienza alla verità, obbedienza a Dio. Così il matrimonio diventa anche via per ritrovare Dio nella nostra vita. Solo con Dio il mistero, che fa parte di noi, acquista un senso e non ci spaventa. Solo se ritroviamo Dio non abbiamo più bisogno di adorare l’idolo dell’apparenza e del piacere egoistico. Si badi: se l’uomo non obbedisce a Dio non significa che si è finalmente sbarazzato del peso gravoso dell’obbedienza, ma obbedirà a chiunque, al più forte, all’influencer di turno, all’apparente. 

Dal matrimonio tra uomo e donna nasce la famiglia, quale comunità di padre, madre e figli, cuore dell’umanità e della Chiesa. La famiglia è la comunità originaria e indispensabile perché nasca ogni altra comunità, è il fondamento su cui si edifica il futuro. Eliminare il matrimonio e perciò di conseguenza la famiglia è rendere la nostra società un agglomerato di individui, di figli senza radici, che gridano spesso l’assenza del padre. Cari genitori, l’assenza del padre e della madre genera una società di individui soli che cercano di fare comunità sui social media, ma spesso incappando in bande malsane o in circoli distruttivi. L’assenza di un padre e di una madre, poi, non può essere sopperita dalla moltiplicazione di padri e madri in un contesto di famiglia allargata, come spesso succede oggi: è solo moltiplicare in modo esponenziale l’individualismo e l’egoismo mentre i figli rimangono sempre più soli. Come il matrimonio è uno, così il padre e la madre sono uno. Dio è uno, la Chiesa è una. 

Dal matrimonio infine nasce e si alimenta la vita religiosa e sacerdotale. La verginità consacrata a Dio e il celibato sacerdotale sono il frutto santo del matrimonio casto e fecondo. La fedeltà coniugale è seme di vocazioni religiose e sacerdotali e il presupposto della loro perseveranza. Che la Madonna vi benedica, cari Mamma e Papà. Grazie per il vostro Sì a Dio, lungo cinquant’anni. Che la vostra testimonianza sia un incoraggiamento per molti e la prova che il vero amore cresce, si rafforza, senza mai venir meno, perché l’amore è eterno, è Dio: Deus caritas est

Ad multos annos. Amen.

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