martedì 12 aprile 2011

Quando di Dio si smarrisce l'orizzonte: il caso de Mattei

Il mondo si divide ancora in chi crede in Dio e in chi non ci crede e lo nega. Ma in questo negar Dio si riscontrano oggi due categorie di persone: chi ci crede ma lo nega e chi non ci crede e lo stesso lo nega. Sembra strano ma Dio è assente, è lontano, anche quando crediamo di crederci. Soprattutto in questi ultimi tempi, definiti “liquidi”, il rischio è quelli di fregiarsi di una fede in Dio ma che è irrazionale, un fideismo che esclude la ragione. Un caso lampante: l’assedio mass-mediale al Prof. Roberto De Mattei, che in una trasmissione radiofonica su Radio Maria (16 marzo 2011), metteva in luce la presenza di Dio nel mondo e nella storia, anche quando si verificano episodi spiacevoli quali un terremoto, uno tsunami. Pochi hanno preso in considerazione anche il secondo episodio spiacevole commentato da de Mattei: la barbara uccisione del ministro pakistano cattolico Shahbaz Bhatti. Tutti invece si sono concentrati sulle dichiarazioni circa il mistero del dolore e del male nella sua relazione col terremoto in Giappone, permesso da Dio per motivi di misericordiosa giustizia. De Mattei, giustamente, distingueva un dolore procurato dall’uomo con la persecuzione (da combattere) e un dolore che l’uomo non provoca ma che inerme subisce (da accettare e a cui rassegnarsi). Questo ha imbestialito tanti. Che c’entra Dio con quel dolore inerme, quale il terremoto giapponese, che con proporzioni spaventose ed impreviste, ha provocato morte e sconquassi ed una radiazione nucleare allarmante? Se così è, il Dio cristiano allora è un dio crudele, hanno detto. Altri invece: se il terremoto è affare di Dio, che permette il disastro per punire il male del peccato e salvare gli uomini dalla miseria più grave, allora de Mattei non ha diritto di cittadinanza nell’universo scientifico (meglio scientista). Porterebbe una questione di fede (?) nel mondo dei terremoti, e banalizzerebbe (?) il terremoto che ha una causa naturale verificabile.

Il vero problema, che sta a monte, volutamente banalizzato invece, è espresso molto chiaramente: in una distruzione così massiccia, quale è stata il violento terremoto giapponese, e del resto imprevista in quegli effetti di lunga durata, nonostante l’avanguardia tecnologica di un Giappone primo per tanta industria, Dio dov’è? Sta a guardare? Chiude gli occhi per non vedere? Era certamente una domanda che il Prof. de Mattei poneva ai credenti, ma che guarda caso ha insospettito i non credenti e i diversamente credenti. Una domanda a cui la fede cattolica, illuminata da una ragione forte, aveva già risposto da tempo, da molti secoli: Dio non è la causa del male, di nessun male, né di quello morale (il peccato) né di quello fisico (la malattia, terremoto, ecc.). La causa del male morale è la perversa volontà dell’uomo peccatore; la causa del male fisico è nella contingenza della natura umana (ferita dal peccato). Ma siccome Dio è Padre e Provvidenza d’amore, sa trarre da ogni male un bene: mentre non ha nessun legame col male, essendo però la Causa prima e necessaria di tutto, tollera o permette il male (morale o fisico) per un fine di bontà; e questo in ragione del fatto che le cause seconde (le cause dipendenti nell’essere da Colui che è l’Essere e la Vita: gli uomini, gli eventi naturali, ecc.) sarebbero incapaci di agire senza la Causa prima, la quale tutto governa. Il vero male da temere è il peccato dell’uomo, punibile col castigo eterno. Per sfuggirlo, Dio che è Padre, permette ad esempio un male fisico, affinché l’uomo si ravveda. Ma né dell’uno né dell’altro è la causa.

Certamente un terremoto ha la sua ragion d’essere immediata in un movimento tellurico: ma perché Dio fa essere anche quel movimento, se è l’Unico che governa il mondo ed è il solo Buono? Perché è crudele e si compiace della sofferenza? Assolutamente no. Unicamente per manifestare il suo amore misericordioso verso i suoi figli, che sedotti spesso dal male, si dimenticano di Lui, lo ingiuriano e trasformano la terra in un luogo di perversione. È la terra stessa, talvolta, a ribellarsi all’uomo. Ma Dio rivolge anche queste ribellioni di un mondo stanco della perversità umana, verso un fine di salvezza e di redenzione. Un terremoto, infatti, permesso da Dio, può insegnare che: 1) non sono gli uomini i creatori del mondo, né tantomeno il cieco evoluzionismo (se così fosse perché cerchiamo una causa anche nel terremoto?); 2) gli eventi nel mondo hanno delle cause che superano la capacità e la tecnologia umane ma non la sapienza divina; 3) bisogna invocare Dio per essere salvati da ogni calamità, soprattutto da quella più terribile che è il peccato e la perdizione eterna. Questa visione, in fondo, è l’unica che riesce a dare speranza ad ogni popolo provato, ma che senza la fede e la visione soprannaturale, rischia di esser tragicamente disperato. È doveroso ed umano cercare di sconfiggere ogni causa di queste tragedie, ma non rischiamo, come spesso accade oggi, di voler semplicemente recidere la causa del dolore mettendo a tacere Dio, che invece in quel dolore come in ogni dolore ci parla.

Non fa tanto ribrezzo leggere invettive di un Odifreddi e della sua cricca volte a squalificare l’antiscientificità del Vicepresidente del CNR, per il fatto che introduce questioni oscurantiste nel campo delle indagini scientifiche (e se fosse la ragione a comprovare il dato affermato?), quanto piuttosto vedere un silente imbarazzo di cattolici condannati in nome di un misericordiosismo tipicamente post-moderno, o meglio post-conciliare, a non allinearsi ad una dottrina considerata vecchia (veterotestamentaria: Dio che punisce col dolore) e perciò preconciliare. Il male che oggi ci attanaglia è il sonno nel quale stagna la nostra ragione e di rimando la fede, che facilmente diventa fideismo: un irrazionalismo credente che ci fa accontentare di non rispondere in queste situazioni, per paura di offendere le orecchie sensibili di un mondo chiuso al trascendente o di rispondere con categorie talmente nuove, che coinvolgono Dio stesso nel problema del male e del dolore. Sicuramente, se ponessimo la domanda: dove era Dio mentre il Giappone tremava? qualcuno ci direbbe: era lì in quel terremoto (giustamente, ma con tanti distinguo). Ma se questo tale ha anche una certa preparazione teologica, aggiungerebbe: soffriva con chi lì soffriva e moriva con chi lì moriva (sic!). Una rinnovata teologia, chiusa alla metafisica dell’essere di Dio, infatti, non avendo altre categorie per descrivere il mistero di Dio se non quelle poetiche, o bibliche viste in opposizione alla metafisica, giustificherebbe il dolore innocente o colpevole, col tirare in ballo Dio stesso, coinvolgendolo in quanto Dio in questo mistero umano ma non divino. Col dire che Dio soffre (non in quanto uomo nel Figlio ma in quanto Dio), sembra aver risposto al problema del male, e del terremoto in questo caso. Invece, si tratta di una non-soluzione e oltretutto di un errore: Dio ha sofferto solo nell’umanità santissima del Figlio e durante la sua vita terrena. Il dolore di Cristo è modello di ogni dolore e redime ogni altro dolore, che, se portato con Lui, ci salva. Col dolore di Dio in quanto Dio, che soffre con l’uomo che soffre e ogni volta che l’uomo soffre, si complica invece ancora di più il mistero del dolore, rendendolo semplicemente eterno come Dio, senza alcuna possibilità di una sua definitiva redenzione. Anche in questo tentativo emerge il problema di fondo: non si può semplicemente sganciare Dio dal problema del dolore e del male, sia che lo si escluda sia che lo si includa arbitrariamente. Farlo, significa condannare Dio, la teologia e la stessa fede al mutismo dinanzi a queste vicende raccapriccianti. Tutta la colpa ricadrà sull’uomo, il quale presto inveirà contro il Cielo per incolpare Dio. Siamo punto e a capo.

Meglio allora la dottrina della Provvidenza d’amore di un Dio che è giustizia e misericordia.

Piena solidarietà dunque al Prof. de Mattei, con l’augurio di essere sempre cattolico “tutto d’un pezzo”. Una parola però agli atei, sia non credenti che diversamente tali (o “catto-ateisti”, per dirla con lo stesso de Mattei): non rischiamo di fare di un terremoto un affare solo umano col pericolo di negare Dio per la sua crudeltà o per la sua longanime irrazionale vuota bontà!

Preghiamo invece Iddio per tutte le vittime del terremoto, per il Giappone e perché abbia pietà di noi poveri mortali.

p. Serafino M. Lanzetta, FI

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