martedì 26 febbraio 2013

«Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,20)




Lectio divina di p. Serafino M. Lanzetta, FI per un gruppo di sacerdoti sulla pericope paolina della seconda Lettera di S. Paolo Apostolo ai Corinzi (5,14-6,2), (su Il Settimanale di P. Pio, n. 9, del 3 marzo 2013).


In questa lectio desidererei far luce sul ministero sacerdotale alla luce dell’inizio della Quaresima, meditando sulla seconda Lettera di S. Paolo ai Corinzi e più precisamente sul capitolo 5°, dal versetto 14 fino all’inizio del capitolo 6°. Si vede un movimento che, in modo armonico, da Cristo che ci riconcilia con Dio offrendo se stesso arriva a scolpire l’essenza del ministero sacerdotale, l’essere cioè collaboratori di Dio in Cristo nel portare in se stessi e nelle proprie mani il ministero della riconciliazione. 

Partiamo da una parola chiave e indicativa di tutto il discorso: uno è morto per tutti. Cristo è morto per noi facendosi sacrificio di espiazione per tutti gli uomini. Egli è morto per riconciliare coloro che erano dispersi e raccoglierli in unità, non solo quelli della nazione giudaica ma tutti gli uomini. 

Caifa aveva profetizzato la morte di Cristo per la nazione intera, meglio la morte di uno che quella di tutti. E Giovanni annota che la sua profezia aveva un valore universale: Cristo doveva morire non «per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi» (Gv 11,52). 

Cristo è morto per tutti e perciò tutti sono morti. Siamo anche noi morti in Cristo, mediante il Battesimo, siamo stati seppelliti in Lui per risorgere alla vita nuova dei figli di Dio. Questo significa ormai non vivere più per se stessi ma per Colui che è morto e risorto per noi. Il cristiano, il sacerdote in particolare, vive solo per Cristo. Cristo è il centro, il cuore, il tutto della sua vita. E solo quando al centro c’è Cristo anche noi possiamo veramente morire a noi stessi e così vivere veramente. Solo se moriamo in Lui, viviamo. Solo se rinneghiamo noi stessi, mettendo da parte egoismi, partitismi, divisioni, possiamo conoscere Cristo. 

domenica 24 febbraio 2013

Dal Tabor al Calvario nella speranza dell'oltre



Ascolta l'omelia di P. Serafino M. Lanzetta, nella II Domenica di Quaresima.

Il Vangelo della seconda Domenica di Quaresima ci pone davanti all’avvenimento della Trasfigurazione. Sul Tabor, alla presenza di tre testimoni prescelti, Pietro, Giacomo e Giovanni, i medesimi dell’orto del Getsemani, Gesù si trasfigura e anticipa così il mistero della Risurrezione. 

Gesù appare radioso, il suo volto manifesta lo splendore di Dio. E’ una bella esperienza e Pietro vuole rimanere lì, trova un suo conforto e sperimenta già la gloria. Ma non è ancora il momento. Per sperimentare la gloria bisogna passare attraverso la Croce. 

Gesù conversa con Mosè e con Elia, la Legge e i Profeti. L’intera Rivelazione veterotestamentaria è davanti a Cristo. Cristo è il senso della Rivelazione e il suo fulcro. Gesù parla del suo esodo pasquale. La sua Passione e Morte sono il suo “esodo” e il vero centro delle Scritture. 

Dunque il Tabor ci proietta verso il Calvario e ci dice che dopo la Passione ci sarà la Risurrezione, la Trasfigurazione eterna. Dobbiamo imparare a pregare e così trasfiguriamo il nostro essere e diventiamo forti nel portare la nostra croce col Signore. 

"Davanti alla Croce, trasfigurati dalla preghiera, guardiamo oltre la Croce e così abbiamo la vita". Amen!