Serafino M. Lanzetta, Sempre Vergine? Una risposta, Chorabooks, Hong
Kong-Roma 2018, pp. 113
La verginità
di Maria è stata da sempre al centro di accesi dibattiti nella storia del
Cristianesimo e di negazioni eclatanti. Nomi come Cerinto, gli ebioniti,
Elvidio nei primi secoli, A. Mitterer e K. Rahner, nella metà del secolo scorso
e più vicino a noi R. Brown, si aggiungono alla lista dei sospettosi (o degli
eretici). Elvidio al tempo di S. Girolamo negava la perpetua verginità di
Maria, invece il medico e sacerdote viennese, A. Mitterer, non riusciva a capire
come mettere insieme la vera maternità di Maria e la sua verginità nel parto.
Le due cose si escluderebbero a vicenda, al punto che per assicurare una reale
maternità sarebbe stato doveroso ammettere la rottura del grembo e le doglie
del parto. Il gesuita tedesco K. Rahner, in felice dialogo con tutti, non solo
si accodò a detta proposta, ma ne derivò pure che la verginità di Maria nel
parto non ha un solido fondamento. È un problema! L’aggettivo “problematico/a”
entrò così ufficialmente nella teologia mariana rinnovata e presto la verginità
(fisica) di Maria assurse al rango del simbolo, mentre si faceva spazio la
“verginità del cuore”. L’integrità verginale di Maria, specialmente in partu, era da spostare dal piano
fisico a quello teologico della purezza di fede della Vergine nell’accogliere
il Verbo di Dio. Il corpo non era in fondo determinante.
In ambito
esegetico, l’americano R. Brown si è segnalato nel tentativo di leggere il dato
del concepimento verginale non come “mito” – in questo fa un passo in avanti
rispetto a molti altri – ma come espediente letterario dell’agiografo che gli
consente di passare dall’Antico Testamento al Nuovo, mancando difatti la prova
della sua storicità. La filiazione divina di Gesù che emerge dal Battesimo nel
Giordano fornirebbe a Matteo e Luca l’aggancio letterario per risalire al
momento nascosto del suo concepimento nel grembo della Vergine Maria. Non
importa quindi se Gesù sia stato concepito verginalmente (questo non lo si
potrebbe sapere perché i Vangeli non sono affidabili), ma che sia stato
proclamato retrospettivamente figlio di Dio fin dal grembo di sua Madre. Cade
come inutile la verginità nel concepimento di Cristo e di conseguenza quella
nel parto. A chi interesserà poi sentire che Maria è rimasta vergine dopo il
parto?
Questa
prospettiva risulta tanto capziosa quanto interessante. L’Autore del saggio ne
accoglie la suggestione ribaltandola per dimostrare che è vero proprio il
contrario: è più logico che si parta dal concepimento verginale di Gesù per
arrivare all’epifania del Giordano. Quest’ultimo evento è piuttosto la ratificazione
pubblica di ciò che era già avvenuto in modo nascosto nel grembo di Maria. Bisogna
rispettare la progressività della Rivelazione senza la quale i discepoli e gli
agiografi non avrebbero afferrato nulla del mistero, a meno che non si risolva
tutto in un racconto mitologico. La storicità dei vangeli è fondamentale e la
verginità di Maria è l’inizio. Se quest’ultima si offusca o viene ridotta a
puro simbolo, Gesù e il Regno Cieli da lui inaugurato – per il quale ci si fa
addirittura eunuchi – diventano insignificanti. Quello che è accaduto?
La verginità
di Maria è una formidabile risposta alla situazione di declino nella Chiesa
della vita religiosa e del matrimonio, principiata da una scorretta visione
degli stati di vita del cristiano. Oggi la fanno da padrone novelli discepoli
di un monaco del IV secolo di nome Gioviniano, i quali predicano di nuovo che
la verginità non è superiore al matrimonio e che ciò che conta è difatti il
battesimo che tutti unifica. La vita religiosa ha perso il suo sapore e tanti
suoi membri. Anche il sacramento del matrimonio non è in buona salute. Si
riscontrano affinità di non poco conto tra Gioviniano e Amoris laetitia, con qualche lieve deriva più epicurea: non solo il
matrimonio è pari alla verginità, ma addirittura il rapporto sessuale more uxorio è pari al matrimonio e
quindi alla verginità. In fondo, se il battesimo è uguale per tutti, il premio
celeste è lo stesso. Così Gioviniano esortava le vergini a lasciare il loro
stato di vita!
La Chiesa si
trova oggi di nuovo divisa tra discepoli di Gioviniano e veri seguaci di
Cristo, incalzati entrambi da un infuocato Girolamo che dice: «La verginità è il frutto del matrimonio».
Se il matrimonio è in crisi, perché ha perso di vista la castità coniugale, lo
è pure la verginità e se la verginità è in crisi, perché ridotta a mero
simbolo, il matrimonio non sa più cosa farsene di se stesso. Il libro di
Lanzetta ci offre la risposta che la Chiesa si attende in quest’ora così
travagliata. Con gli occhi rivolti alla Semprevergine Maria.
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II Edizione riveduta e aggiornata.
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Buona lettura!
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