Il Card. W. Brandmüller, presidente emerito del Pontificio Consiglio di
Scienze Storiche, ha contribuito con Sua Ecc.za Mons. Agostino Marchetto e
Mons. Nicola Bux ad un libro in uscita per Cantagalli sulle chiavi di Benedetto
XVI per leggere il Concilio Vaticano II.
In una recente intervista ha parlato della
giusta ermeneutica da applicare ai documenti del Concilio: altro è una
costituzione dogmatica altro una semplice dichiarazione.
Per quanto riguarda i documenti
conciliari sul dialogo interreligioso e la libertà religiosa, le
rispettive dichiarazioni del Concilio non contengono un “contenuto dogmatico
vincolante”, dice.
I documenti Nostra Aetate e Dignitatis
Humanae sono dichiarazioni. Queste si dovrebbero “prendere seriamente” come
espressione del Magistero vivo senza “voler vincolare l’intera Chiesa, perché
accetti questa forma”.
Si può discutere su questi
documenti.
Questo è il punto di partenza per
un “fruttuoso dialogo” con la Fraternità S. Pio X, poiché ogni concilio deve
essere visto nel contesto storico, dice Brandmüller.
Deve essere messo in conto il
diverso carattere giuridico dei documenti del Concilio Vaticano II. Si tratta
di considerare la grande differenza tra il documento conciliare sulla Chiesa,
il quale ha la forma di una “Costituzione” e la semplice Dichiarazione sui
mass-media.
Brandmüller ha stima per il
canonista di Monaco Klaus Mörsdorf (1909-1989).
Il Cardinale spera così anche in
una felice conclusione dello sforzo vaticano per l’unità con la FSSPX.
Fonte: Kath.net
Traduzione nostra
sua Eminenza ha assolutamente ragione....peró lo sguardo storico che introduce in queste vicende é capace di dare inizio a una nuoa forma di relativismo -questa volta dentro la chiesa- forse piú pericoloso che quelli da fuori
RispondiEliminaQuesta volta dentro la Chiesa?
RispondiEliminaPerchè non è la stessa gerarchia ad essere inquinata di relativismo e i testi del concilio non ne sono forse pieni?
Forse, ad esempio, che il sac. Ratzinger non ha studiato a Tubinga ed i suoi mentore non sono forse Gadamer, kant, hegel ecc.?
Ma guarda che tocca leggere!
Non credo che si tratti di introdurre il relativismo nella Chiesa, per il fatto che la fede non dipende da un concilio quando non è definitorio della stessa, ma è il concilio che dipende dalla fede. Il problema del relativismo dogmatico si è verificato, spesso, per aver dogmatizzato ciò che era ancora in fieri o semplicemente pastorale. Di qui il rischio fortissimo del capovolgimento: la relativizzazione del dogma in nome della pastorale. Oggi ci troviamo a fare i conti con questo problema nella Chiesa.
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