Nel contesto di un ritiro d’Avvento del Coordinamento toscano "Benedetto XVI" per l’applicazione del Motu proprio “Summorum pontificum”, tenuto presso la chiesa di Ognissanti di Firenze, dei Francescani dell’Immacolata, p. Serafino M, Lanzetta, ha tenuto una conferenza/meditazione sul tema della Tradizione, oggi così discussa – a volte chiacchierata –, ma senza sapere spesso di cosa si tratti. L’intervento del Padre Lanzetta si snoda in tre punti:
1) La Tradizione: cos’è? Si spiega che Tradizione, come già dice il lemma, indica l’atto del tradere, del trasmettere. Ma il trasmettere non sarebbe vero senza aver anzitutto ricevuto la verità trasmessa; verità che, d’altronde, non è un concetto, ma l’unità di ortodossia e ortoprassi; verità che è una Persona, Gesù Cristo e quello che Lui ha insegnato. Tradizione richiede il ricevere e il consegnare. Molto chiaro, a tal proposito, è il testo di S. Paolo ai Corinzi (1Cor 15,3-5): «Vi ho trasmesso quello cha a mia volto ho ricevuto…». Questo implica che il tramandare richiede il ricevere da Cristo, dagli Apostoli, e poi dai loro successori, in una continuità ininterrotta che costituisce propriamente la Tradizione della Chiesa. Dunque, la Tradizione, si riceve solo nella Chiesa e al contempo costituisce la Chiesa come luogo del suo deposito e della sua fedele trasmissione. Nessuno è autorizzato a dare quello che non ha ricevuto; nessuno può ricevere quello che prima non ha riconosciuto come dono.
2) Identità e sviluppo della Tradizione. In questo deposito e trasmissione/dono che costituisce la Tradizione ontologicamente, è necessario distinguere due aspetti che definiscono la Tradizione, spiegando così da un lato la sua verità immutabile, dall’altro il progresso dottrinale. Si tratta di due attributi che definiscono la Tradizione: identità e sviluppo. Identità, manifesta l’ancoraggio della Tradizione alla Rivelazione, dunque al dato di fede immutabile in sé. Sviluppo, delinea il progresso della fede nel solco dell’approfondimento di essa maturato dalla Tradizione; sviluppo omogeneo del dogma, nel senso di una sua maggiore comprensione e applicazione nell’analogia fidei, in cui convengono armonicamente tutte le verità della fede. Bisogna evitare nella Tradizione sia un fissismo congelante, ovvero un radicamento intransigente ad un tipo di Chiesa, ad un determinato Pontefice ecc., sia un progressismo cieco che rifiuta il passato e ha come modello solo un futuro che però non c’è ancora e che si vuole plasmare con mani umane. Questo porta al fatto che per alcuni noi siamo la Chiesa, “Wir sind die Kirche”.
3) La Chiesa canone della Tradizione. Da tutto ciò segue che solo la Chiesa ha ricevuto la Tradizione e solo la Chiesa la può trasmettere nella verità. La Chiesa è sempre una, santa, cattolica ed apostolica, ma purtroppo non è in sé unita. Uno dei problemi della disunità dei discepoli cattolici è proprio il concetto di Tradizione, sul quale si esige una visione teologica univoca per portare finalmente luce all’operato di tanti fautori e promotori della Tradizione e di una visione tradizionale della vita cristiana. Non dovrebbero sussistere conflitti all’interno della Tradizione, eppure siamo divisi, spesso, all’interno di un unico movimento che si ispira alla Tradizione. Perché? La Tradizione non è qualcosa, non è solo la S. Messa tridentina o una pratica di pietà particolare, anche questo – si crede per pregare e si prega quello che si crede –, ma anzitutto la Chiesa nel suo vivere: la sua vita, la sua identità dinamica sempre antica e sempre nuova.
In prossimità del Convegno dei Francescani dell'Immacolata sul Concilio Vaticano II come concilio pastorale (Roma 16-18 dicembre 2010), vi proponiamo la conferenza audio di questo incontro.
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