Mons. Mauro Piacenza, segretario della Congregazione per il clero, ha sviluppato la prima conferenza del convegno: “Il sacerdozio ministeriale, l’amore del Cuore di Gesù” iniziato questa mattina presso il Collegio Internazionale di Terra Santa a Roma - Casalotti.
La spiritualità sacerdotale, scelta come tema, è stata considerata a partire dall’identità propria del sacerdote, la cui spiritualità non si può ridurre a quella battesimale per quanto importante e irrinunciabile.
Lungi da una visione clericalista, il prelato partendo dai sacramenti dell’Eucarestia e della Riconciliazione ha voluto sottolineare l’esclusività e la specificità del sacerdote nel suo ministero a favore del popolo di Dio.
Il percorso di riflessione seguito si è concentrato sul profondo significato della S. Messa, nei suo momenti liturgici espressi in parole, formule e gesti.
Questo perché “la S. Messa è l’origine, lo sviluppo e il fine della stessa esistenza sacerdotale”, ha affermato mons. Piacenza.
E’ importante quindi una corretta celebrazione del rito, senza quelle alterazioni creative che hanno comportato gravi conseguenze pastorali, spirituali e teologiche.
L’intera giornata sacerdotale, ha continuato mons. Piacenza, deve essere bipartita tra la “preparazione alla Messa e il rendimento di grazia del dopo Messa”.
Ogni atteggiamento efficientista e presenzialista del sacerdote, anche nell’azione liturgica, potrebbe rivelare un deficit di fede nella Divina Provvidenza.
Dalla vestizione dei sacri paramenti che gli ricordano come “un Altro lo ha rivestito con la Sua Grazia”, alla “salita” sull’altare, il presbitero che proclama la Parola di Dio non può fare a meno della preparazione, frutto di meditazione costante.
Il sacerdote, che “per sua natura” è un predicatore che annuncia ciò che ha incontrato con tutta la propria esistenza, deve testimoniare la verità senza soste e senza timori, come direbbe S. Paolo. Il coinvolgimento della persona e personalità sacerdotale nella celebrazione eucaristica è poi totale nella preghiera consacratoria, l’epiclesi dove la dimensione sacrificale precede, teologicamente e spiritualmente, quella del banchetto e della cena.
In persona Christi il sacerdote non offre “altro da se stesso” ma offre tutto di sé come “sacrificio vivente gradito a Dio” in obbedienza al dettame di Romani 12.
Il sacerdote che invoca lo Spirito non può, nella sua spiritualità, non essere “l’uomo dello Spirito” lasciandosi inabitare da questa divina presenza.
Anche il prete, come Cristo, deve offrire realmente il proprio corpo e il proprio sangue per il bene dei fratelli, della Chiesa e del mondo intero.
Dalla S. Messa con l’Ite Missa est il sacerdote esce rinnovato, rafforzato e confermato nel suo spirito di orazione, adorazione e sollecitudine per i fratelli, per la Chiesa e per il mondo.
pamab
-----------Lungi da una visione clericalista, il prelato partendo dai sacramenti dell’Eucarestia e della Riconciliazione ha voluto sottolineare l’esclusività e la specificità del sacerdote nel suo ministero a favore del popolo di Dio.
Il percorso di riflessione seguito si è concentrato sul profondo significato della S. Messa, nei suo momenti liturgici espressi in parole, formule e gesti.
Questo perché “la S. Messa è l’origine, lo sviluppo e il fine della stessa esistenza sacerdotale”, ha affermato mons. Piacenza.
E’ importante quindi una corretta celebrazione del rito, senza quelle alterazioni creative che hanno comportato gravi conseguenze pastorali, spirituali e teologiche.
L’intera giornata sacerdotale, ha continuato mons. Piacenza, deve essere bipartita tra la “preparazione alla Messa e il rendimento di grazia del dopo Messa”.
Ogni atteggiamento efficientista e presenzialista del sacerdote, anche nell’azione liturgica, potrebbe rivelare un deficit di fede nella Divina Provvidenza.
Dalla vestizione dei sacri paramenti che gli ricordano come “un Altro lo ha rivestito con la Sua Grazia”, alla “salita” sull’altare, il presbitero che proclama la Parola di Dio non può fare a meno della preparazione, frutto di meditazione costante.
Il sacerdote, che “per sua natura” è un predicatore che annuncia ciò che ha incontrato con tutta la propria esistenza, deve testimoniare la verità senza soste e senza timori, come direbbe S. Paolo. Il coinvolgimento della persona e personalità sacerdotale nella celebrazione eucaristica è poi totale nella preghiera consacratoria, l’epiclesi dove la dimensione sacrificale precede, teologicamente e spiritualmente, quella del banchetto e della cena.
In persona Christi il sacerdote non offre “altro da se stesso” ma offre tutto di sé come “sacrificio vivente gradito a Dio” in obbedienza al dettame di Romani 12.
Il sacerdote che invoca lo Spirito non può, nella sua spiritualità, non essere “l’uomo dello Spirito” lasciandosi inabitare da questa divina presenza.
Anche il prete, come Cristo, deve offrire realmente il proprio corpo e il proprio sangue per il bene dei fratelli, della Chiesa e del mondo intero.
Dalla S. Messa con l’Ite Missa est il sacerdote esce rinnovato, rafforzato e confermato nel suo spirito di orazione, adorazione e sollecitudine per i fratelli, per la Chiesa e per il mondo.
pamab
Questioni interessanti:
Nell’ermeneutica della continuità, mons. Piacenza riafferma la peculiarità del sacerdozio ministeriale in questi ultimi anni confuso con quello comune dei fedeli.
Ribadisce l’unicità del Rito latino nella forma del “Novo e Vetus Ordo”
Denuncia l’attivismo dei sacerdoti come deficit di fede nella Divina Provvidenza.
Richiama contro le improvvisazioni creazioniste di gesti e formule liturgiche.
Sottolinea la coerenza tra il predicato e il vissuto.
Spiega l’aspetto sacrificale della S. Messa che precede quello conviviale.
Ricorda la comunione e il suffragio per la Chiesa Purgante.
Nella distribuzione della comunione invita a non affidarsi con leggerezza ai ministri straordinari per motivi di tempo o pratici.
Ripropone, infine, l’importanza del ringraziamento dopo la S. Comunione sull’esempio dei santi che assistevano addirittura a una seconda S. Messa.
Ribadisce l’unicità del Rito latino nella forma del “Novo e Vetus Ordo”
Denuncia l’attivismo dei sacerdoti come deficit di fede nella Divina Provvidenza.
Richiama contro le improvvisazioni creazioniste di gesti e formule liturgiche.
Sottolinea la coerenza tra il predicato e il vissuto.
Spiega l’aspetto sacrificale della S. Messa che precede quello conviviale.
Ricorda la comunione e il suffragio per la Chiesa Purgante.
Nella distribuzione della comunione invita a non affidarsi con leggerezza ai ministri straordinari per motivi di tempo o pratici.
Ripropone, infine, l’importanza del ringraziamento dopo la S. Comunione sull’esempio dei santi che assistevano addirittura a una seconda S. Messa.
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